sabato 28 gennaio 2012

Il mio portafortuna

POST RECUPERATO DAL BLOG DI SPLINDER CHIUSO



Il mio portafortuna
di Solange


Da un po’ di giorni penso e ripenso al mio vecchietto che tre anni e pochi giorni fa, attraversava il ponte dell’arcobaleno verso cui l’avevo accompagnato. E poi anche per pubblicizzare un bel libro.

La storia di Chicco (e anche quella della nostra furetta cieca Harley) e’ infatti finita pubblicata su questo libro qui che magari sotto Natale avrete voglia di regalare a qualcuno che vi sta a cuore e che ama gli animali e i cui proventi andranno ad associazioni che si occupano di animali disabili: http://www.phasar.net/catalogo/libro/amicizie-speciali-storie-vere-di-animali-disabili-ma-felici
Oggi la raccontero’ per voi, con parole diverse e uno stato d’animo diverso perche’ e’ passato del tempo e perche’ sono cambiata io anche se l’amore per Chicco non si e’ affievolito.

Chicco e’ arrivato a casa nostra quando cercavamo una cagnolina femmina, giovane, piccolina che tenesse compagnia alla nostra bassottina.

Quel giorno, era gennaio inoltrato, il 23 per la precisione, raccogliendo tutto il coraggio di cui ero stata capace sono andata in canile. Ho iniziato a girare tra quelle gabbie, circondata da occhi imploranti amore. Tantissimi cani grandi, magnifici, mi venivano incontro speranzosi ma io vivevo in 50 metri quadrati gia’ abbondantemente occupati. Molti di quei cani aveva problemi di relazione con altri animali, cosa che io non potevo permettermi avendo 5 gatti, un cane e una ciurma di furetti tra miei e in affido.
Stavo quasi finendo il giro e mi stavo recando al gabbiotto dei volontari per fare almeno una donazione, avevo il cuore gonfio e le lacrime agli occhi perche’ me li sarei portati tutti a casa insieme ai gatti del gattile.
Mi sono girata e ho visto un cosino brutto e scoordinato che mi correva incontro tutto storto, arrivando di corsa da diverse centinaia di metri di distanza. Sono rimasta un attimo allibita a chiedermi se stesse venendo incontro a me e quando e’ stato evidente che era cosi’, mi sono inginocchiata e quel coso da pelo ispido con un balzo mi e’ saltato in braccio con un’espressione come se ridesse.

Ricordo i volontari del canile che mi hanno guardata sconcertati… ho alzato il viso e ho detto: lo prendo! E solo in quel momento ho realizzato che stavo piangendo mentre ricoprivo di baci quell’ “aggeggio”.

“Adottano Ercole, adottano Ercole” si e’ messa a gridare la piu’ anziana delle volontarie e un urlo, come un boato, si e’ levato nel canile. Un urlo di gioia e qualche lacrima sparsa e io che portavo Chicco - come l’avevo banalmente chiamato in quei nostri primi d’attimi d’innamoramento – in braccio come un trofeo.

Chicco aveva un’ernia da morso perche’ nonostante i 12 anni (o 13 o forse 15… sapevo che al canile mi avevano mentito sulla sua eta’ reale per paura che cambiassi idea) ancora si contendeva le cagnette e attacava briga con i cani piu’ grossi. Quell’ernia dolorosa era gia’ stata operata, poi si era infettata ma lui non si lasciava toccare da nessuno, urlava e mordeva. Fino a che io gli ho chiesto di lasciarsi curare e pur piagnucolando si e’ lasciato togliere i punti e medicare, da me senza tentare di mordermi o di scappare.

Aveva anche un occhietto completamente fuori uso perche’ affetto da cheratite secca, una condizione che secca la cornea.

Aveva anche una “spalla” un po’ sbilenca che qualche volta, se sbatteva da qualche parte, andava fuori sede e lo azzoppava. Alcune volte toccava portarlo dal veterinario, piu’ spesso bastava udire un “cai” per sapere che aveva sbandato da qualche parte e che sicuramente la zampa era tornata nuovamente al suo posto.

Aveva anche solo 4 denti in croce e per di piu’ orrendi.
E un alito pestilenziale.

E la pancreatite.

E un giorno ha avuto una piccola ischemia, e’ caduto dal letto e gli e’ caduta la retina dell’altro occhio, quello sano, cosi’ e’ rimasto cieco completamente.

E marcava il territorio in continuazione, dentro o fuori casa che fosse.

E odiava chiunque mi si avvicinasse, soprattutto se maschio.

Pero’ mi adorava e io adoravo lui, nonostante tutto.

E’ salito sul letto dalla prima notte perche’ quando ho spento la luce ho pensato che doveva gia’ aver patito abbastanza il freddo. L’ho chiamato e non se l’e’ fatto dire due volte. E’ saltato sul letto (allora vedeva ancora da un occhietto ma dopo andava “a naso”) e li’ e’ rimasto, nell’incavo formato dalla mia schiena, per tutta la notte e per tutte le notti dei nostri quasi 3 anni insieme.

Chicco non sapeva fare niente. Non faceva la guardia, non era capace di giocare, era sempre incazzato col mondo tranne che con me, era scontroso e rincoglionito. Non sapeva fare altro che svuotare la vescica ovunque, quella era la sua unica specialita’ e gli riusciva anche parecchio bene.

Non sono mai riuscta a sgridarlo. Ci provavo eh? Ci provavo a urlargli “Chicco, no” ma il tono di voce era lo stesso che avrei usato per dirgli “quanto ti amo” perche’ non ce la facevo, l’idea di ferirlo, di fargli male, mi inorridiva.

Pero’ Chicco mi ha insegnato tanto; mi ha insegnato la pazienza, mi ha insegnato l’amore incondizionato, mi ha insegnato la calma. Non ho ricordi particolari di lui, di qualcosa che ha fatto. Ma ho il ricordo della sua presenza che mi riempiva il cuore.

Chicco ha iniziato a stare male – o meglio, peggio – verso l’autunno del 2005. Si lamentava tutto il tempo, senza motivo. Camminava piu’ a tre zampe che a quattro per via del suo problema. E poi si sedeva e guaiva, guardando il buio fino a che non lo prendevo in braccio e allora si calmava. Lo tenevo in braccio tutto il tempo che potevo.

Sapevo che doveva arriva il momento di dirgli addio ma non ce la facevo, non ero ancora pronta.

Poi la decisione della partenza e lui che peggiorava sempre piu’, piangeva, piangeva e straziava il cuore. Aveva dolori ovunque, era magro come un chiodo per via della pancreatite, gli si contavano tutte le ossa povera stella.

Ho deciso che l’avrei lasciato andare il giorno prima della mia partenza; sapevo di essere egoista perche’ lui stava male ma stavo per cambiare vita, per lasciare tutto e avevo bisogno di lui ancora un pochino.

Me la ricordo ancora la nostra ultima notte; non sono riuscita a chiudere occhio e ho passato tutto il tempo ad accarezzarlo e a dirgli che lo amavo, che mi sarebbe mancato tanto, a raccontargli quello che sarei andata a fare via dall’Italia, a ringraziarlo, a chiedergli di tenere d’occhio tutti i cuccioli che prima di lui erano passati dall’altra parte, a promettergli che di la’ sarebbe stato tutto bellissimo e che per lui avevo immaginato il piu’ bell’angolo di paradiso possibile.

Al mattino e’ arrivata la veterinaria, lui dormiva. L’ho preso in braccio e lo stringevo forte a me mentre gli sussurravo di stare tranquillo, che fra poco tutto sarebbe finito.
Nel momento in cui la veterinaria ha iniettato il farmaco il suo cuore gia’ non batteva piu’; quanto era stanco povero tesoro mio.

Siamo stati insieme ancora un pochino, gli ho tolto il collare.

Il mattino dopo sono partita, uno dei giorni piu’ tristi della mia vita mentre all’aeroporto non facevamo che piangere tutti…mi sono avviata verso il check in, ho messo la mano nella tasca del cappotto e ho sentito il freddo metallico della targhetta con il suo nome. Ho scacciato le lacrime e ho sorriso perche’ sapevo quanto lui soffrisse nel vedermi piangere.

E’ vero Chicco, in vita forse non sapevi fare niente ma dopo mi hai portato tanta fortuna.

E ti ringrazio per questo, per essermi saltato in grembo quel giorno, per aver reso la mia vita migliore. Mi manchi ancora da morire ed e’ per questo che so che prima o poi rientrero’ in un canile e invece di scegliere mi mettero’ in attesa di essere scelta e sapro’ che quella e’ la scelta giusta.


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1 commento:

  1. 01 Aprile 2010 - 13:32

    è una storia che spezza il cuore.. ma è meravigliosa.. mi hai commossa.. bello il gesto di adottarlo e ancora di piu amare quell'esserino... ti ammiro.

    Mylight

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